Il carciofo astigiano del sorì deve il suo nome all’ambiente di coltivazione dove
trova le condizioni ottimali per crescere. Il sorì, bello per suono e immagine, è il
termine dialettale piemontese che evoca il soleggiato dei versanti collinari
esposti a mezzogiorno, dove, oltre alle vigne migliori, si coltiva il carciofo
astigiano. I sorì dell'Astesana, in un'area delimitata dal fiume Tanaro e dai
torrenti Tiglione e Belbo, storicamente ospitano questa coltura offrendo, alle
medie quote collinari, condizioni pedoclimatiche ideali.
I capolini del carciofo sono ovoidali, allungati e senza spine, dal gusto dolce e
delicato al palato, caratteristiche che lo rendono ottimo per il consumo a crudo.
La raccolta è scalare e avviene manualmente, durante tutto il mese di maggio.
Questa varietà ha una storia lunga ed è stata tenacemente custodita e
tramandata negli orti famigliari, a fianco dei filari delle vigne ben esposte e in
piccole produzioni contadine, ora riconosciute come presidio Slow Food,
all'interno di un progetto nato nel 2016 nella carciofaia Duipuvrun di Costigliole
d'Asti per ridare valore al carciofo astigiano da un punto di vista economico,
gastronomico, storico e comunitario. Un progetto agricolo che nei suoi
presupposti si propone di contrastare la riduzione della biodiversità e la
semplificazione dei paesaggi, riconosciute come questioni centrali su scala
globale.